mercoledì, giugno 27, 2007

parlami ancora o luna... d.d.c. - d.a. 484.93

Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura,
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura.


Ed era forse oltre il telo
l'azzurro tranquillo;
vietava il limpido cielo
solo un sigillo.


O vero c'era il falòtico
mutarsi della mia vita,
lo schiudersi d'un'ignita
zolla che mai vedrò.


Restò così questa scorza
la vera mia sostanza;
il fuoco che non si smorza
per me si chiamò: l'ignoranza.


Se un'ombra scorgete, non è
un'ombra - ma quella io sono.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.


Attende la terra,
in questo mio vagare,
la mia figura,
che leggera nell'aria fluttua,
osservando lo scorrere del giorno e della notte.


Attende la terra,
in questo mio vagare,
la figura mia,
non più leggera,
per potermi infine sfiorare.



1 commento:

Anonimo ha detto...

Ripenso il tuo sorriso, ed e' per me un'acqua limpida scorta per avventura tra le petraie d'un greto, esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.

Codesto e' il mio ricordo; non saprei dire, o lontano, se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua, o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua e recano il loro soffrire con se' come un talismano.

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma, e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia schietto come la cima di una giovinetta palma.